Vacanze: dopo due giorni i benefici sono già svaniti

Secondo recenti studi, sembra che bastino appena due giorni per perdere tutti i benefici delle vacanza. Un esperimento condotto dalla Radboud University dei Paesi Bassi ha infatti reso noto che, tempo un paio di giorni di lavoro e di ritorno alla quotidianità, tutti i benefici svaniscono. I risultati mostrano infatti che il livello di soddisfazione psicofisica è ovviamente più alta quando si è lontani da casa e dal proprio impiego, salvo poi precipitare una volta ritornati in città.

La sindrome da rientro è dunque vera. Tanto il tempo speso a organizzare le vacanze e le ore passate ad avere un tintarella perfetta che poi bastano neanche 48 ore e tutti i benefici se ne sono andati. “Sono rimasta davvero molto sorpresa nel riscontrare quanto velocemente i benefici delle vacanze siano e sembra quasi che chi lavora si senta pure peggio quando ripensa ai momenti felici appena trascorsi. Non solo, se il rientro è frenetico, c’è anche il rischio che le persone siano ancora più stressate di quando sono partite e che si facciano deprimere dal tempo che deve passare in attesa della prossima vacanza” ha dichiarato Jessica Bloom, esperta di gestione dello stress al Mail on Sunday, dopo aver condotto il suo esperimento.
 
Lo studio consisteva nel riferire il proprio stato di benessere due settimane prima della partenza, durante la vacanza e due settimane dopo il rientro e i risultati sono stati sorprendenti anche per la stessa dottoressa. Non è comunque l’unico studio condotto sull’argomento; l’amministratore delegato di Thomas Cook, Ian Dervyshire ha dichiarato che, secondo studi condotti precedentemente rispetto a quelli olandesi, andare in vacanza è molto utile perché serve per staccare la spina, migliora la salute e prolunga la vita. Non solo, ma “E’ anche un’occasione per trascorrere del tempo con la famiglia e con gli amici, vedendo posti nuovi ed entrando in contatto con nuove culture, per non parlare del desiderio di fuggire in posti caldi, visto il clima che c’è in Gran Bretagna” ha concluso.
 
A ogni latitudine, lo stress da rientro è dunque avvertito. Secondo l’Istat, nel nostro paese sarebbero un italiano su dieci a soffrire una volta tornato alla quotidianità. Per questo, l’Università di Granada ha messo a punto una serie di “trucchetti” che vanno dal “periodo cuscinetto”, cioè un ritorno graduale ai ritmi normali, all’esercizio fisico e alla vita all’aria aperta, fino alla pianificazione di vacanza più brevi ma più frequenti.

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Due giorni, ed i benefici delle vacanze spariscono

Tanta fatica, scarso risultato. Bastano infatti due giorni ed i benefici (fisici e mentali) delle vacanze diminuiscono, per poi svanire rapidamente.

A dirlo, una ricerca della Radboud University (Paesi Bassi), diretta dalla dottoressa Jessica de Bloom e descritta dal «Mail on Sunday».

La squadra delle dottoressa de Bloom ha lavorato con alcuni volontari. Gli scienziati hanno chiesto ai partecipanti di descrivere il loro stato di benessere psicofisica in alcuni «momenti caldi» : due settimane prima delle ferie, in vacanza e due settimane dopo il rientro al lavoro. E’ così emerso come il livello di appagamento raggiungesse il culmine lontano da casa (e dal lavoro), per poi precipitare una volta tornati alla normalità.

Commenta la capo-ricercatrice: «Sono rimasta davvero molto sorpresa nel riscontrare quanto velocemente i benefici delle vacanze siano sbiaditi e sembra quasi che chi lavora si senta pure peggio quando ripensa ai momenti felici appena trascorsi. Non solo, se il rientro è frenetico, c’è anche il rischio che le persone siano ancora più stressate di quando sono partite e che si facciano deprimere dal tempo che deve passare in attesa della prossima vacanza».

Il lavoro della Radboud University ha trovato conferme nel mondo scientifico. Alcuni esperti fanno notare come l’eccesso di lavoro può essere addirittura fatale, sottolineando così la necessità di staccare.

Perché, spiegano alcuni studiosi britannici, «Andare in vacanza non è solo un modo per ricaricare le batterie ma è anche un’occasione per trascorrere del tempo con la famiglia e con gli amici, vedendo posti nuovi ed entrando in contatto con nuove culture, per non parlare del desiderio di fuggire in posti caldi, visto il clima che c’è in Gran Bretagna».

Inoltre, una squadra dell’Università di Granada offre consigli per superare il post vacation blues, (questo il nome scientifico della sindrome da rientro).

La loro strategia consiste in cinque trucchetti, o suggerimenti pratici. In primis, creare un periodo cuscinetto (rientrare a casa qualche giorno prima per riabituarsi alla normalità) e fare ferie brevi ma frequenti. Inoltre, la TV va lasciata spenta, nel tempo libero meglio lo sport, e la mentre tenuta impegnata creando una lista di cose da fare. Ma le cose, poi, vanno fatte veramente.

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El País

Pág. 40: La nueva Selectividad es más fácil

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El Mundo

MERCADOS – Págs. 21 y 22: El “boom” de las universidades virtuales

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Ideal

Pág. 14: El Parque de las Ciencias no tendrá recortes, dice Gabilondo

Pág. 26: Regalo Libros (II)

Págs. 28 y 29: Orce convierte sus huesos en oro

Pág. 35 – Opinión: Así se defiende el Albaicín

Págs. 53, 54 y 55: La fiesta de la calle

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Granada Hoy

Portada: La Madraza y el misterio de las puertas y ventanas

Pág. 11: Gabilondo resalta la apuesta por la Educación del Parque de las Ciencias

Págs. 12 y 13: La nueva Madraza recupera su fachada tras tres siglos después

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Una profesora de Derecho Civil gana el IX premio Gutiérrez Anaya

La profesora de titular de Derecho Civil de la Universidad de Granada Ana María López Frías ha ganado la IX edición del premio Santiago Gutiérrez Anaya sobre Propiedad Inmobiliaria que por unanimidad le ha otorgado el jurado de esta convocatoria y que tiene una dotación económica de 6.000 euros. «Embargo de inmuebles, transmisión del dominio y publicidad registral: supuestos y consecuencias» es el nombre de la obra presentada por esta civilista natural de Jaén y nacida en 1965 que ha optado por analizar un tema de actualidad que nunca, hasta ahora, se había abordado en las anteriores ediciones de este premio. Su trabajo aborda los problemas y conflictos de intereses entre los acreedores que embargan y en particular los procedimientos judiciales y administrativos por deudas fiscales o de la Seguridad Social y los supuestos variados que pueden aparecer como, por ejemplo, el afectado por el embargo pero que ya vendió antes y poco o nada le importa dicha confiscación o el que se ve venir la citada medida y se acelera a realizar una escritura de transmisión, o quien compra de buena fe o no, etcétera.

Además, y según Juan José Pretel, registrador de la propiedad y miembro del jurado, distingue muy bien la protección que da el Registro, que se rige por el principio de prioridad —quien antes llegue antes obtiene la protección— y baraja todas las hipótesis que puedan aparecer y que, de hecho, se suscitan en la vida real.

Por otra parte, se le ha concedido una mención honorífica a Jesús Flores Rodríguez que ha concurrido con el trabajo «El derecho a alterar los elementos comunes del inmueble como facultad implícita en la finalidad comercial de los locales de negocio».

El jurado que ayer se reunió en el hotel Alfonso XIII de Sevilla está compuesto por: Damián Álvarez, presidente del jurado y de la Audiencia Provincial de Sevilla; José León Castro, catedrático de Derecho Civil de la Hispalense; Alberto Donaire Ibáñez, secretario del jurado y abogado experto en Derecho Inmobiliario; el registrador de la propiedad, Juan José Pretel Serrano; el notario, Pedro Romero Candau, el vicepresidente del Tribunal Constitucional,Guillermo Jiménez Sánchez; Eusebio Pérez Torres, abogado del Estado jefe en Andalucía y el catedrático de Derecho Civil Ángel López.

El premio Santiago Gutiérrez Anaya está organizado por ABC y el Instituto de Estudios Cajasol y cuenta con el patrocinio del Centro Andaluz de Mediación y Arbitraje, Safinco, el Colegio de Registradores de España, el Ilustre Colegio Notarial de Andalucía y el Ilustre Colegio de Abogados de Sevilla. Al almuerzo posterior asistieron también Rosa Santos, subdirectora general Institucional y Obra Social de Cajasol, Santiago Molina, decano del Colegio de Registradores, Antonio Reinoso, representante del Poder Judicial en Andalucía y José Joaquín Gallardo decano del Colegio de Abogados.

Por parte de ABC, acudieron Amalia Fernández Lérida, Manuel Capelo y Álvaro Rodríguez Guitart.

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AECOST Y LA CÁMARA DE COMERCIO SE INTEGRARÁN EN LA COMISIÓN MIXTA PARA LA IMPLANTACIÓN DE LA UGR EN MOTRIL

 El presidente de AECOST, Julio Rodríguez y el de la Cámara de Comercio de Motril, Ángel Gijón, se reunieron la semana pasada con el rector de la Universidad de Granada, Francisco González Lodeiro, para tratar sobre los proyectos que la UGR tiene previsto desarrollar en la comarca de la Costa granadina.

Una de las principales conclusiones a las que han llegado en esta cita ha sido la de la incorporación de la asociación y de la entidad cameral a la Comisión Mixta para la implantación de la UGR en Motril, que se formó con carácter de continuidad el pasado mes de diciembre en la ciudad costera. Tanto AECOST como la Cámara han expresado en multitud de ocasiones la conveniencia de que la comarca y la Universidad interactúen para obtener beneficios comunes.

A través de la Comisión Mixta, impulsada por la propia UGR y el Ayuntamiento de Motril, a la que ahora se suman AECOST y la Cámara de Motril se concretan las acciones a desarrollar para conseguir definitivamente la implantación de la Universidad de Granada, a través de una sede permanente en Motril. El objetivo es proporcionar una interesante oferta educativa y cultural para todos en la Costa.

Entre los centros formativos que se crearán en Motril, destaca la apertura de un Centro de Lenguas Modernas, donde se desarrollarán en un futuro cursos dirigidos tanto al estudio de lenguas extrajeras como de español. También se prevé la creación de un Centro de Investigación y Postgrado, que se ubicará en Playa Granada, y que incluye un Laboratorio de Ciencias e Investigación especializado en hidrología, oceanografía y estudios de la atmósfera, además de una residencia de estudiantes.

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La fiesta de la calle

Hubo un día, a los 53 años, en que el Festival de Música y Danza de Granada cambió de actitud. Entonces se abrió a una nueva época: los espectáculos salieron del recinto monumental de la Alhambra para ‘invadir’ las calles y barrios de la ciudad. El artífice de ese antes y después se llama Enrique Gámez, ideólogo del nuevo Festival Extensión. Desde 2001 -tras la etapa del compositor Alfredo Aracil- y hasta hoy está el jienense al frente del evento internacional.

Y con él, amante de la ópera y de las lecturas -destaca la novela ‘Rayuela’, de Cortázar- el encuentro cultural más relevante de Granada adquirió cierto carácter popular y didáctico. El éxito de las cifras oficiales animó a la dirección a arriesgar en la edición de 2004, después de ver que losespectáculos de pago se llenaron en el 95%.

Gámez anunció que iba a sacar la danza a la calle, gratis, añadiendo así al festival oficial y a los Cursos Manuel de Falla un tercer pie: el Fex. Un año después, el paisaje urbano de la ciudad quedó completamente alterado con la irrupción del primer Festival Extensión, que rápidamente dio cuenta de que no era un reclamo para el programa oficial, sino que tenía su propio público como herramienta para democratizar la música y la danza.

«Pensamos sobre todo en el público joven que normalmente no acude al Generalife. Toda una generación de grupos que nacen de la realidad urbana y mezclan la danza con el pop», adelantó, sin renunciar a incluir la música antigua en la nueva iniciativa.

En su primer año, el Fex cumplió con la misión: acercar el evento a los barrios de Granada y a los turistas con actos gratuitos. «Ahora ya sabemos todo el valor añadido que genera. Además de los puestos de trabajo, un 20% de los asistentes se marchan luego a cenar fuera de casa, por poner sólo un ejemplo», recalca mirando hacia atrás Enrique Gámez, que también destaca la imagen positiva que se llevan los foráneos.

El día cero del Fex fue el viernes 18 de junio de 2004. En aquella jornada, siete grupos de artistas y voluntarios recorrieron en el montaje ‘Ambulantes’ las principales líneas de autobús de Granada y espacios públicos, en conciertos improvisados. En los días siguientes, la Plaza de las Pasiegas fue el telón de fondo de La Bombonera, una compañía de danza que actuó y asombró bajo una carpa espectacular. El Festival de los Pequeños en el Parque de las Ciencias hizo las delicias de los menores y de toda la familia; convirtiéndose esto último en una seña de identidad del ‘off’ del Festival de Música y Danza, que poco a poco ha ido cogiendo cuerpo como el famoso Fringe de Edimburgo, fundamental como el programa oficial de la cita escocesa.

Música clásica en el Hospital Real y en el Museo Arqueológico, además de veladas culturales en el Patio de La Mezquita del Albaicín, fueron ofertas que sorprendieron a la ciudadanía, asombrada ante el cambio de registro del certamen. En el debut del ciclo impactó la compañía australiana Strange Fruit con ‘The Field’, un espectáculo con coreografías de vértigo, danza y teatro a seis metros de altura. El Fex no había hecho más que empezar. 9.000 espectadores lo siguieron, los mismos que se iban a multiplicar exponencialmente en las siguientes ediciones.

Con una media de 25.000 asistentes por año, entre los fieles del ‘off’ se cuenta hoy el público habitual de la Orquesta Ciudad de Granada, según los organizadores.

En su segunda convocatoria, los asistentes ‘populares’ superaron a los oficiales. La extensión se consolidó con 27.000 seguidores. El Fex acaparó 64 de los 112 espectáculos programados. Pero algunos sectores conservadores de la ciudad advirtieron que el nuevo programa no podía ser nunca sustituto, sino complemento del Festival de Música y Danza, tradicional y consolidado. «Simples curiosidades», llamaron algunos críticos a esas propuestas, de las que no creían que fuese necesario dedicarle «varias páginas en los periódicos». «Desgranar la granada no es desparramarla, porque podemos perder la estructura de la fruta incitadora y engavilladora de granos de excepcionalidad», profirieron algunos.

Para su enojo, en su tercera edición -2006- el Fex ya se desparramó totalmente por las calles con música para niños, danza india, un circo flamenco y hasta un taller de palmas. 81 actividades gratuitas acogieron 33 escenarios repartidos por todos los barrios, con la inclusión del edificio Zaida como espacio. Un ciclo de jóvenes orquestas en las Pasiegas; los sevillanos Producciones Imperdibles con su ‘Réquiem 21 K626’, un montaje de danza, imagen y sonido con música de Mozart, además del coreógrafo y bailarín indio Astad Deboo, como solista en la Fundación Rodríguez-Acosta, consolidaron y enriquecieron la iniciativa. Ya por entonces, el alcalde, José Torres Hurtado, aseguró que era una «apuesta arriesgada» con un resultado «fantástico».

El presupuesto, que ronda los 120.000 euros en las últimas ediciones, es sufragado por instituciones públicas en su mayoría -Junta de Andalucía, Ayuntamiento y Universidad, entre otros-, por patrocinadores privados en segundo lugar -número que va en aumento cada año- y, por último, con lo recaudado en la taquilla oficial.

Los adictos, gente mayor
En 2007, el Festival de Música y Danza de Granada batió de nuevo récord con 58.147 espectadores. De ellos, 26.001 asistieron a los 25 espectáculos de pago, 2.991 a las 14 matinales y cafés-concierto con entrada libre dentro del programa oficial y 29.155, a los 80 montajes ‘callejeros’. Y se consolidó el fenómeno de los ‘fexadictos’, personas atraídas por el carácter gratuito y por la variedad de géneros que acudían -y acuden- día tras día a los montajes. Sus señas de identidad propias, según la organización: gente mayor, jubilada, deseosa de ver un concierto y con una idea fija: «Si no fuesen sin pagar nos sería imposible acudir». Un 45% de los asistentes al ‘off’ se mueve por la ciudad y repite como público.

Entre las cosas que aún sorprenden a Enrique Gámez es el silencio que se produce en lugares como la plaza de las Pasiegas, cuando hay conciertos. «Mil personas y no suena ni un móvil», recalca el director, que destaca el espectáculo de danza vertical de 2005 como uno de los más multitudinarios, con más de 2.000 personas.

En los dos últimos años, el Fex ha seguido superando las expectativas; y además de mantener su público y nivel de programación, el grado de valoración y satisfacción entre los asistentes es sobresaliente. Los mismos destacan el compromiso social del ciclo, el trato del personal y la calidad y nivel de los artistas. Según los resultados de las encuestas que anualmente realiza para el Festival un grupo de la Universidad de Granada, sobre el 49% de los espectadores son menores de 29 años, así que el perfil se rejuvenece; y el 51% de 30 a 60 años; la mayoría mujeres, el 64%.

Un pueblo ‘revolucionado’
Este año, en que el certamen continúa hasta el 14 de julio, la novedad ha sido una producción propia del Fex que, con la Concejalía de Cultura de Peligros, ha puesto en marcha un proyecto piloto para producir el concierto didáctico ‘Las tradiciones de Peligros’.

La iniciativa, representada el pasado 27 de junio ante un pueblo ‘revolucionado’, promovió la participación activa de la comunidad en un proyecto cultural y educativo; con el Aula Municipal de Teatro, el Taller Municipal de Baile Flamenco, el Taller Municipal de Música, la Asociación Municipal de Coros y Danzas de Peligros, el Coro de Voces Blancas del CEIP Gloria Fuertes, el Coro Sinenómine del CEIP Manuel de Falla, la Escuela de Música Amati y el Taller de Música de Carnaval. Todos, unidos durante varios meses bajo el emblema del Fex.

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La Universidad de Granada (UGR) albergará una ‘enciclopedia’ de piedras preciosas única en España

No hay una gema idéntica a otra. Todas son únicas. Su material, los agentes del lugar en el que se puede encontrar… las hacen diferentes. No hay una similar a la otra. Eso lo saben muy bien en Instituto Gemológico de Madrid y los profesores del departamento de Minerología y Petrología de la Universidad de Granada (UGR) como Fernando Gervilla. Por eso, han firmado un acuerdo, ambas instituciones, para crear una base de datos única en España en la que se hará un carné de identidad a todas y cada una de las gemas.

Esa súper enciclopedia podrá ser traducida a todos los idiomas. El número de piedras que se clasificarán y tendrán su DNI es «indefinible». Lo que sí está contabilizado ya es el trabajo que se han puesto estos gemólogos para crear el banco de datos. La tarea será diaria y tendrán que clasificar un buen número cada jornada. Su particular trabajo en este proyecto y en el resto que desarrollarán se puede explicar de forma muy gráfica diciendo que son los CSI de las piedras preciosas, de las gemas que son únicas en el mundo y «de una gran belleza», que mueven, por otra parte, cada años millones de euros.

La colaboración entre la Universidad granadina y el Instituto Gemológico de Madrid «permite que se puedan utilizar los aparatos que aparecen en el CSI». En los laboratorios madrileños cuentan con maquinaria puntera. En la UGR pueden presumir de contar con una metodología científica de primer orden. «Hemos firmado con Granada por el gran conocimiento de minerología y del resto de parcelas de esta ciencia así como el buen trabajo que hacen», explica el gerente del Instituto Gemológico de Madrid, Adolfo de Basilio, que confirma que «Purificación Fenoll, catedrática de la UGR, es muy conocida en Alemania». Su discípulo Fernando Gervilla también y ha sido el impulsor de este acuerdo y de otros trabajos que se están haciendo en este área en la actualidad.

Con Amberes (Bélgica), la ciudad de compra y venta de diamantes más importante del mundo, también trabajan en el Instituto y la UGR. El mercado es amplísimo y quieren convertirse en todo un referente. Al Instituto Gemológico de Madrid, donde podrán completar su formación alumnos de la Universidad granadina, llegan los responsables de las empresas joyeras más importantes del mundo para pedir su colaboración.

Una de las últimas visitas ha sido la de responsables de Wild& Petsch, una casa internacional que trabaja con joyeros, orfebres de lo más selectivos.

El mundo de la gemología es apasionante. Adolfo de Basilio, Fernando Gervilla y Purificación Fenoll (referentes nacionales e
internacionales) disertan con entusiasmo de una profesión en la que se habla del «ojo clínico del gemólogo», pero en la que también es muy importante la formación y las garantías de que las joyas, gemas… son auténticas.

La otra parte importante de esta colaboración, que está unida indiscutiblemente con el nuevo banco de datos que van a elaborar, es la necesidad de concienciar a los joyeros y la sociedad en general de la importancia de que cuando se compre un diamante, por ejemplo, se pida un certificado que vaya con un respaldo científico que garantice que lo que se adquiere es auténtico. «Hay que dar garantía de que no se está estafando», defiende Fernando Gervilla, que no comprende como cuando se compra, por ejemplo, una batidora hay una garantía y para una joya de cincuenta mil euros no. La sociedad debe cambiar esas rutinas y ser más exigente.

El objetivo de estos profesionales es que prime el conocimiento por encima de todo. Que quien compra y vende sepa que un diamante procedente de un país o de otro no cuesta lo mismo. En un diamante con una intensidad de color u otro, el precio del quilate puede ser muy variado. Pero para que todo eso se sepa hay que difundir el conocimiento y para hacer las investigaciones necesitan también apoyo económico.

Los profesores insisten en la importancia de este nuevo banco de datos en el que destacará el método científico. Se podrá garantizar que los resultados son fiables y saber si una gema procede de una mina o de otra. Las características de una esmeralda son diferentes si se extrae de una mina o de otra.

En esta labor de difusión del conocimiento (en varios países en cualquier tienda de un mercado turístico donde se venden gemas se puede ver el cartel de que hay un gemólogo que certifica lo que se vende), en la UGR, el profesor Gervilla ha iniciado este año un curso a través de internet para difundir la gemología. Se ha hecho en español y francés y ‘trabajan’ de forma conjunta con la Asociación Española de Tasadores de Alhajas.

Un mundo fascinante, bello y en el que se mueven millones y al que la UGR y el Instituto Gemológico de Madrid quieren impregnarle la metodología científica. A los responsables del proyecto Adolfo de Basilio, Fernando Gervilla y Purificación Fenoll, que están apoyados por la vicerrectora de Investigación, María Dolores Suárez, no les falta entusiasmo y sobre todo están respaldados de una trayectoria científica y un buen trabajo

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La nueva Madraza recupera su fachada tres siglos después

Las obras de reforma de la primera universidad de Occidente, la Madraza, afrontan su recta final, de modo que este palacio barroco construido entre 1722 y 1729 abrirá sus puertas tras permanecer cerrado durante una década para ser visitado justo antes de que empiece el curso académico, cuando su uso será docente.

Así lo asegura el vicerrector de la Universidad de Granada (UGR), Miguel Gómez Oliver, quien explica que, bajo su punto de vista, el resultado del proyecto de recuperación, que ha corrido a cargo del equipo que dirige el arquitecto Pedro Salmerón, es «una auténtica maravilla».

Entre las novedades que ya pueden visualizarse, está la conversión en puertas de dos portadillas con ventanas que, a su vez, sustituían a antiguas puertas. Según explica Salmerón, el edificio tenía dos puertas pequeñitas, con sus correspondientes portadas, que fueron posteriormente transformadas en ventanas.

En la intervención, se ha aprovechado la estructura de estas portadillas de piedra de Sierra Elvira para reconvertir las ventanas en puertas, tal y como estaban anteriormente. «Sólo se han tirado los tabiquillos que había alrededor de las ventanas. Pero esas portadas estaba allí», indica el arquitecto de la Junta.

Ambas se encuentran en la fachada, a los lados del pórtico principal, y a través de una de ellas se accederá más fácilmente a la Academia de Bellas Artes Nuestra Señora de las Angustias. De hecho, la reconversión se ha llevado a cabo por criterios «de usos» del edificio que, en ningún caso, afectan al carácter artístico o patrimonial, según indica el delegado de Cultura, Pedro Benzal.

De hecho, la Comisión de Patrimonio aprobó realizar este cambio por unanimidad, si bien también obligó a que, aunque no se necesitara la otra ventana que hay más abajo de la puerta principal, que también estaba dentro de una portadilla, habría que convertirla también en puerta para mantener la simetría de la portada. Y así ha sido.

La reforma se ejecuta después de que concluyeran la primera y segunda fase de las obras que remozaron la fachada y cubiertas del palacio, y ha sido financiada por la Junta de Andalucía por un presupuesto de 4,7 millones de euros, en el marco del Plan Plurianual de Inversiones para las universidades andaluzas.

Gracias a esta gran intervención el edificio estará dotado tras la última reforma de una sala de exposiciones, una sala de conferencias en la Sala de los Caballeros XXIV, una sala para pequeños conciertos, un seminario de teatro y cineclub y un punto de información del patrimonio universitario, entre otras nuevas instalaciones.

Además, para conseguir la máxima funcionalidad del edificio además del mantenimiento al público de los vestigios arqueológicos encontrados en el interior, se ha tenido que prolongar la rehabilitación durante casi una década. No en vano, en la remodelación de fachadas y cubiertas se emplearon varios años y otros tres o cuatro en el estudio de los restos arqueológicos.

Y es que el equipo que dirige Antonio Malpica culminó la intervención en La Madraza con «asombrosos hallazgos» y cumpliendo uno de los objetivos del proyecto: determinar la estructura de la planta originaria.

Gracias a este trabajo se ha sabido que el Palacio de la Madraza esconde los restos de una almunia que debió pertenecer al Rey Badis de Granada y que, situada en las afueras de la ciudad cerca de la Vega, funcionaría como pequeña propiedad agrícola complementaria del Alcázar Real construido en la parte alta del Albaicín.

Los restos de una prensa de aceite, una acequia y un pequeño jardín aparecen vinculados a la estructura zirí y permiten determinar por primera vez, y con argumentos científicos, la planta originaria del edificio mandado a construir por Yusuf I en el siglo XIV.

Al constatarse que se trata de una zona de propiedad real surge, además, un apunte más para historiadores e investigadores: en el siglo XI ya estaba prácticamente definido el planeamiento urbano de la ciudad de Granada.

Las excavaciones comenzaron en un ala del palacio, en la antigua sala de exposiciones, pero más tarde se ampliaron también al propio zaguán de entrada, al patio central y al Oratorio; lo que ha permitido contar con abundante información arqueológica. Así el acceso original al edificio estaba situado en el mismo lugar que ahora y, desde la entrada, se llegaba al patio central, donde se han hallado restos de una alberca que estaría rodeada por un muro de mampostería encintada, de piedras divididas con ladrillos.

Ese muro serviría para contener todo el espacio: tanto la alberca como el espacio exterior, así como los posibles pilares o columnas que hubiera encima del patio. A continuación se llega al Oratorio, debajo del cual se descubrió una estructura del siglo XI, que sería de época zirí, y en un muro paralelo al de tapial aparecieron las dos puertas también del XI que darían acceso a todo el conjunto.

En conclusión, la Madraza que ordenó construir Yusuf I se asentaría sobre una almunia levantada a comienzos del siglo XI. El Rey Badis, que conquistó el reino de Málaga en 1057 ampliando su estado, tendría su Alcázar en lo alto del Albaicín y en esta zona, que sería vega de la ciudad, un espacio propio. Estaríamos hablando, además, de una propiedad agrícola del estilo del Alcázar del Genil, el Cuarto Real o el propio Generalife de la que apenas quedan restos de las puertas de acceso, parte de la estructura y piezas de cerámica.

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La dentadura tan fiable como las pruebas de ADN

La dentadura de una persona puede identificar un cadáver con tanta fiabilidad como las pruebas de ADN, el método que emplea la policía científica para descubrir la identidad de los cadáveres. Un grupo de investigadores de la Universidad de Granada (UGR) lo ha confirmado al analizar los patrones dentales de más de 3.000 personas.

«La diversidad dental entre personas es lo suficientemente alta como para permitir establecer un método de identificación humana de base científica con fines forenses», explica Stella Martín de las Heras, primera autora del trabajo y profesora de Medicina Legal y Forense en la Universidad de Granada (UGR).

Para llegar a esta conclusión la investigadora y su equipo realizaron un análisis estadístico de 3.166 dentaduras completas y parciales, extraídas de las bases de datos contenidas en las tres últimas Encuestas Nacionales de Salud Bucal (1993, 2000 y 2005).

No todas las dentaduras sirven

Con estos datos el equipo calculó la «diversidad dental condicionada», en la que se eliminan los casos de personas con todos los dientes «presentes y sanos» o que son “edéntulos” (sin ninguna pieza dentaria en la boca), por no servir para la identificación.

Los resultados del análisis, que se han publicado en la revista “Forensic Science International”, reflejan unos valores de variabilidad de 0,999 (en una escala del 0 al 1), «lo que es comparable a los de un método de identificación de base científica como puede ser el de ADN mitocondrial», subraya Martín de las Heras.

Aún así la científica reconoce las limitaciones para usar los patrones dentales: «Las características dentarias tienen una baja estabilidad en la población comparadas con las secuencias del ADN mitocondrial, que sólo se ve afectado por las mutaciones y la heteroplasmia (tipos diferentes dentro de la misma mitocondria, célula o individuo)».

Los patrones dentales de una población dependen del estado de salud oral y, por tanto, dependen de la edad (la caries es una enfermedad acumulativa) y del enfoque terapéutico dental del momento. En la actualidad, estamos en una época restaurativa (los dientes se restauran) y no extraccionista (los dientes se extraen) como antes.

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