Gli esiti del seminario nazionale organizzato dai partners italiani del progetto Movinter, Università di Bologna e Scienter
Martedi 30 novembre si è tenuto presso il Complesso di Santa Cristina il seminario nazionale di sensibilizzazione sul tema della mobilità virtuale, organizzato dai partners italiani del progetto Movinter, Università di Bologna e Scienter. Per il consorzio del progetto hanno partecipato Carla Salvaterra, delegata del Rettore dell’Alma Mater per le Relazioni internazionali, Claudio Dondi, presidente di Scienter, Giovanna Valenti Negrini, responsabile del progetto per Flacso Messico, Annemie Boonen, responsabile del progetto per EuroPace.
Durante il seminario sono stati presentati gli esiti dell’esplorazione del concetto di mobilità virtuale, le sue componenti, ma anche i nodi tuttora irrisolti e un set di raccomandazioni/azioni rivolto a tutti coloro che desiderano sperimentare e sostenere la mobilità virtuale. E’ stata anche l’occasione per ricordare gli antecedenti e lavorare con il gruppo presente nell’evidenziare in termini prospettici i punti di forza e di debolezza del concetto di mobilità virtuale, le principali opportunità e minacce emerse durante i due anni di lavoro ed i numerosi incontri con gli esperti internazionali ed interessati al concetto e alla sua applicazione.
Gli antecedenti del progetto sono da ricondursi al progetto Humanities (1995-1996), coordinato dal Gruppo di Coimbra, che attraverso un approccio comparativo si proponeva di lavorare e sperimentare strumenti di Open e Distance Learning (Odl), a cui l’Università di Bologna aveva partecipato attivamente attraverso la conduzione di un gruppo di lavoro sulla comunicazione seguito dal prof. Umberto Eco.
Il progetto Movinter, quindici anni dopo, si è dato come primo obiettivo quello di rivisitare e aggiornare il quadro concettuale, identificando dieci componenti centrali che costituiscono la mobilità virtuale e recuperando come elemento centrale l’interculturalità nel disegno della realizzazione e conduzione dei progetti, in particolare nel disegno di curricula e titoli congiunti. Dall’analisi di una cinquantina di casistiche reali e progetti in corso a livello europeo e latinoamericano, si sono identificati cinque submodelli di mobilità virtuale, sulla base del livello di adesione e inclusione di tutte le componenti: educazione a distanza potenziata, e-learning internazionale basato sulle risorse, apprendimento informale, intensa cooperazione accademica, il pieno sviluppo dei componenti della mobilità virtuale.
Dalla discussione e riflessione comune tra i partecipanti sono emersi diversi punti di forza del concetto: la mobilità virtuale è risultata un fortissimo strumento che potenzia l’approccio comparativo nella creazione di reti formali e contribuisce all’evoluzione delle modalità di cooperazione in termini di interculturalità e reciprocità. Si tratta di un servizio disponibile ad essere valorizzato nell’ambito delle relazioni internazionali delle università, che talvolta incontra resistenza ad essere applicato congiuntamente alle tradizionali mobilità fisica e educazione a distanza. Il progetto ha lavorato e proposto per questo un approccio graduale alla inclusione della mobilità virtuale accanto a queste pratiche consolidate, proprio per poterne valutare l’impatto e i vantaggi.
Il progetto, condotto dall’Università di Granada (Spagna) in collaborazione con l’Università di Bologna, Scienter, EuroPace (Belgio), Universidade de Aveiro (Portogallo), Universidad Autonoma Metropolitana Azcapotzalco (Messico), Flacso Messico, è finanziato dall’Eacea, agenzia esecutiva per la gestione dell’azione comunitaria nei settori dell’istruzione, degli audiovisivi e della cultura, nel quadro del programma Erasmus Mundus – Azione 3: Promozione dell’educazione superiore europea.