Molti degli ultimi studi danno più credito alla tesi dell’infezione: virus non dannosi che innescano un’auto-aggressione delle difese immunitarie nei confronti del sistema nervoso. Alla vigilia della Giornata mondiale, gli specialisti riuniti a San Pietroburgo fanno il punto su trattamenti, ricerca e diagnosi. «Si arriva con anni di ritardo ad accertare la malattia»
Sclerosi, le ultime ricerche tra ipotesi virale e vitamina D
I malati di sclerosi multipla celebrano i loro appuntamenti annuali per sostenere la ricerca su questa patologia. Domani la giornata mondiale indetta dalla Federazione internazionale delle associazioni nazionali di pazienti che cade nella settimana di informazione e mobilitazione dell’Aism, l’Associazione Italiana Sclerosi Multipla. I due appuntamenti sono l’occasione per fare il punto sulle cure e le cause della malattia in espansione e che colpisce 61 mila persone nel nostro paese e circa 2,5 milioni nel mondo con l’aiuto dei massimi esperti italiani, riuniti al recente simposio internazionale a San Pietroburgo della Fondazione Serono.
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«Il trattamento sta subendo una profonda evoluzione – spiega Giancarlo Comi del San Raffaele di Milano e presidente della Società Italiana di Neurologia – Stanno arrivando farmaci potenti, ma con profili di efficacia e sicurezza ancora più variabili da caso a caso. Per questo bisogna incrementare il lavoro di personalizzazione della cura, trovando per ogni malato la combinazione di farmaci che dia il massimo dei benefici col minimo dei rischi. Impegno necessario anche con i farmaci che si possono finalmente dare per bocca, come il già registrato fingolimod e la calidribina, già autorizzata in molti paesi e non ancora in Europa. Uno studio in corso sta dimostrando che quest’ultimo, somministrato in fase precoce, rallenta sensibilmente il decorso della malattia».
Anche per quanto riguarda le cause ci sono novità. Si continua a cercare di capire cosa induce il sistema immunitario ad aggredire il sistema nervoso. Delle ricerche sull’insufficienza venosa ne parla il pioniere Paolo Zamboni nell’intervista a destra. L’ipotesi virale, da anni sulla breccia, ha incontrato altre prove a favore in un recente lavoro scientifico dell’Università di Granada che ha trovato anticorpi contro il virus di Epstein Barr in una percentuale significativa di malati. «Infine – aggiunge Comi – la vitamina D. Era noto da anni che la sclerosi multipla diventa più frequente salendo di latitudine. Di qui ricerche che hanno trovato bassi livelli di vitamina D, come atteso per la minor esposizione solare, in molti malati. Ora vi è grande attesa per la conclusione di una ricerca americana che sta valutando gli effetti della supplementazione con vitamina D».
Nonostante il progresso degli strumenti di indagine, il percorso per accertare la malattia continua ad essere lungo e incerto. «Il primo sintomo quasi mai viene attribuito alla malattia – dice Carlo Pozzilli docente di Neurologia de La Sapienza al Sant’Andrea di Roma – Nel 40% dei casi è un disturbo della visione e il soggetto va dall’oculista. Meno di frequente dall’ortopedico per doloretti, formicolii, problemi nel camminare, spesso attribuiti all’attività sportiva che il soggetto, in genere giovane, spesso pratica. Oppure sono vertigini e si va dal medico di famiglia pensando allo stress. Nel caso dell’oculista l’invio al neurologo è immediato perché questo coglie nell’occhio altri sintomi tipici della malattia. Negli altri casi, dato che i sintomi migliorano da soli, si pensa al neurologo quando ricompaiono. In sintesi, la diagnosi, e quindi la terapia appropriata, si ha spesso con ritardo di alcuni anni».
Poi ci sono problemi creati dalla risonanza magnetica o Nmr. Fa vedere le «placche», lesioni causate dall’autoaggressione immunitaria al sistema nervoso. Ma non basta per fare la diagnosi. Spiega Pozzili: «La Nmr non distingue tra placche e cicatrici lasciate da un parto difficile o da una febbre sopra i 40° nell’infanzia. Usata per valutare l’effetto delle cure, deve essere fatta dallo stesso centro con identica macchina e metodica. Altrimenti le placche possono risultare maggiori per numero e/o dimensioni, indipendentemente dalla malattia. L’unico test diagnostico rimane tuttora la puntura lombare».